Dopo le offensive del novembre e del dicembre ’42, nei primi giorni del gennaio 1943, la situazione strategico-operativa delle forze dell’ Asse nel settore meridionale del fronte orientale appare molto difficile.

Dopo aver fallito il tentativo di soccorso alla 6° Armata intrappolata a Stalingrado, Hitler il 30 dicembre ha finalmente autorizzato il ritiro del “Gruppo Armate A” dal Caucaso.

Sul fronte del Don, il “Gruppo d’armate Don”, comandate dal feldmaresciallo Von Manstein è impegnato a combattere, in grave inferiorità di uomini e mezzi, contemporaneamente due difficili battaglie difensive sia a sud, per mantenere libero il corridoio per il passaggio del “Gruppo Armate A”, che a nord, nel tentativo di frenare l’avanzata sovietica che aveva travolto gran parte dell’ ARMIR ed era dilagato fino agli aerodromi tedeschi che rifornivano la sacca di Stalingrado (operazione Piccolo Saturno).

Lo sviluppo dell’ offensiva del Gennaio 1943

La situazione strategica tedesca è fortemente compromessa, tuttavia malgrado gli sforzi dell’ armata Rossa , impegnata anche nella liquidazione della sacca di Stalingrado, Von Mainstein  contiene la marcia dei corpi corazzati del generale Malinovskij e mantenere aperto un corridoio. Infatti  il raggruppamento tedesco del Caucaso riuscirà’ a sfuggire alla tenaglia entro il 7 febbraio per la via di Rostov, che verrà liberata dai sovietici qualche giorno dopo.

Mentre la STAVKA studia altre operazioni per quell’inverno è già praticamente in atto una nuova offensiva diretta ad attaccare il settore dell’ alto Don, dove si trovano ancora in linea la 2° Armata Ungherese , quanto rimane dell’ ARMIR, ovvero il Corpo d’Armata Alpino (Gen. Nasci), con le divisioni “Tridentina” (Gen.Reverberi), “Vicenza” (Gen. Pascolini), “Cuneense” (Gen.Battisti) e “Julia”(Gen.Ricagno),  e dal 24° Panzerkorps tedesco, una formazione creata con quello che rimane di alcune decimate unità germaniche, e che posizionato sul fianco destro degli alpini della “Julia” nella valle della Kalitva.

Sentinella del 6° reggimento alpini sul fronte del Don (dicembre 1942)

Incaricato dell’ offensiva è il gruppo di armate sovietiche denominato “fronte del Voronez” comandato dal Gen. Golikov. Già a metà dicembre riceve ingenti quantitativi di artiglieria pesante, oltre all’intera 3° Armata Corazzata del Gen. Rybalko, proveniente dalla riserve strategiche della Russia Centrale e che viene posizionato, a insaputa dei tedeschi e degli italiani davanti al loro settore di destra, appena ricostituito dopo il crollo delle difese italiane sul medio Don.

Come già successo precedentemente, viene sottovalutato dai comandi tedeschi, comunque consapevoli di non avere riserve disponibili, ma anche da quelli italiani il potenziale della controparte. Anzi sono convinti che li aspetti una tregua invernale, dopo le offensive dei mesi precedenti.

Il 12 gennaio, i sovietici iniziano l’attacco a settentrione, avendo facilmente ragione della 2° Armata Ungherese, che crolla rapidamente. Il 14 gennaio passa all’attacco nel settore sud la potente 3ª Armata corazzata che penetra in profondità l’esile dispositivo difensivo tedesco. Il 24° Panzerkorps è sbaragliato e messo in rotta.

Il comando del Corpo d’ Armata Alpino, già la sera del 14 comincia ad ipotizzare il ripiegamento per non rimanere stritolato nella morsa dei sovietici, ma trova il diniego dei comandi superiori tedeschi e italiani. Sono poste le premesse per un’inutile resistenza sul posto e per un’inevitabile ritirata imposta dal nemico, nel caos e nella disorganizzazione.

La situazione dell’Asse è critica; il mattino del 15 gennaio unità corazzate russe fanno irruzione di sorpresa dentro Rossoš’ (Rossoch per gli italiani) sede del quartier generale del Corpo d’Armata Alpino: dopo la confusione iniziale, un coraggioso contrattacco respinge i sovietici, ma già il giorno dopo Rossoš’ è definitivamente in mano russa.

Il 17 Gennaio le unità di punta sovietiche provenienti da nord e da sud si incontrano ad Alekseevka.

Le forze dell’Asse sono ormai frantumate in tronconi separati; gli ungheresi vengono in gran parte accerchiati nelle sacche di Ostrogožsk a nord, e di Karpenkovo al centro; gli alpini sono ormai tagliati fuori a alle 11.00 dello stesso giorno finalmente il comando dell’ ARMIR ordina lo sganciamento e la ritirata delle divisioni alpine: inizia il calvario degli Alpini.

Cartina che riepiloga l’operazioni sovietiche e la nuova linea del fronte al marzo del 1943

Mentre una parte delle forze sovietiche è impegnata a rastrellare le varie sacche di resistenza e a  cercare di impedire alle residue truppe dell’Asse di sfuggire dalla trappola, gli elementi meccanizzati e di cavalleria dell’Armata Rossa, dopo aver rapidamente chiuso la manovra a tenaglia su Alekseevka, hanno proseguito verso ovest per sfruttare l’enorme falla aperta nello schieramento nemico.

La STAVKA vuole sfruttare al massimo la situazione e incarica Golikov di muoversi verso nord per colpire la 2a Armata tedesca a Voronez in cooperazione con il gruppo di armate del “Fronte di Brjansk” .

Contemporaneamente la 3ª Armata corazzata del generale Rybalko, dopo la riuscita avanzata in profondità, deve impegnare subito i suoi carri armati a ovest per sbaragliare i nuovi precari sbarramenti tedeschi, il cosiddetto Gruppo Lanz.

L’interminabile offensiva sovietica sembra inarrestabile. Il 15 Febbraio la 3a Armata Corazzata è a Char’Kow e continua nella sua avanzata verso il Dnepr. Ma i tedeschi si sono riorganizzati e grazie anche all’ arrivo di nuove divisioni ben equipaggiate provenienti dalla Francia, prima arrestano i sovietici a sud, poi attaccano ai fianchi Rybalko costringendolo a ritirarsi sul Donec e ristabilendo quindi una linea continua del fronte.

Le perdite dell’Asse alla fine dei combattimenti di questi tre mesi sono enormi. Il “Gruppo d’Armate B” in pratica non esiste più : tra il 19 novembre e il 2 Febbraio l’ Asse perde circa 70 divisioni  per un totale di oltre 1 milione di uomini (tra i quali anche i 90.000 sopravvissuti della 6a Armata a Stalingrado che si arrende il 2 febbraio).  A  Hitler non resta che scioglierlo ufficialmente a metà febbraio. 

Anche l’ armata Rossa ha subito ingenti perdite (600.000 soldati e 4.000 carri), ma la guerra sul fronte orientale ha subito una svolta decisiva. L’esercito sovietico, in grande crescita numerica, qualitativa e organizzativa, sta prendendo il sopravvento; per la Wehrmacht ormai si sarebbe trattato di sopravvivere più che di vincere.