Il Giorno 18 (ore 10,00) il Comando del Corpo d’Armata Alpino, ignaro di dove siano i russi,  emana le seguenti direttive: La Divisione “Tridentina” deve muovere verso Postojalyj da Opyt/Podgornoe, la Divisione “Vicenza” verso Samoilenkow (1) in quanto dovrà fungere da retroguardia alla “Tridentina”, la Divisione “Julia” deve procedere a nord est di Rossosch seguita dalla Divisione “Cuneense” per poi dirigersi verso la valle di Olichowatka per coprire il fianco meridionale della ritirata.

Nella tarda mattinata del 19 Gennaio 1943, la colonna della divisione “Julia” con il Gen. Ricagno e con i reparti dell’ 8° Reggimento e del Gruppo Artiglieria “Conegliano” arrivano nei pressi di Nowo Postojalowka, un piccolo agglomerato di isbee.

Sono unità già logorate nel suo organico dal mese di durissimi combattimenti sulla Kalitvka e che sono riuscite ad evitare il contatto con il grosso delle unità sovietiche, che a loro volta, sfondate le linee tedesche il 14 Gennaio, stanno procedendo spedite verso nord con lo scopo di intrappolare le forze dell’ASSE posizionate sul Don.(2)

Nowo Postojalowka è infatti già presidiata in forze dai russi.

La situazione appare subito critica, non c’è tempo da perdere. il Battaglione “Gemona” viene mandato all’attacco con l’appoggio dell’artiglierie del Gruppo “Conegliano” posizionate a meno di 800 metri dall’abitato e seguito poi dai Battaglioni “Tolmezzo” e “Cividale”. Riescono a ad occupare le prime case del piccolo abitato ma i russi passano al contrattacco con alcuni carri armati tenuti celati in seconda linea e che iniziano a colpire, una a una, le isbee dove sono asserragliati gli alpini. Alla fine ci si deve ritirare e tornare alla linea di partenza dove i carri vengono fermati a stento dagli obici del “Conegliano”, obici che non sono adatti per tale scopo ma che sparando da pochi metri riescono almeno a danneggiare seriamente alcuni di quei “mostri” d’acciaio. Le perdite tra gli alpini e gli artiglieri sono ingenti.

E’ già buio quando cominciano ad arrivare le unità di testa della colonne della Divisione “Cuneense” guidata dal Gen. Battisti, provenienti da Popowka.  Sono il Battaglione “Ceva” del 1° Reggimento con le batterie dei Gruppi “Mondovì” e “Val Po” , raggiunte poco dopo dal Battaglione “Mondovì”.(3)

Viene deciso di sferrare un nuovo attacco poco prima che sorga l’alba.

Alle 03,30 gli alpini del “Ceva” si gettano all’assalto, sperando di sorprendere i sovietici. Ma la reazione dei difensori è violentissima e ben presto sono costretti ad arretrare: il “Ceva” è decimato.

Si ritorna all’attacco alle prime luci dell’alba, con quello che è ancora disponibile, con quello che rimane dei Battaglioni della 8° Reggimento della “Julia” e del 1° Reggimento della “Cuneense”.

Ancora una volta l’attacco s’infrange contro le linee difensive russe. Russi, che hanno ricevuto rinforzi durante la notte e una volta respinto gli alpini,  passano a loro volta al contrattacco con il supporto di  numerosi carri armati.

La linea degli alpini viene travolta e superata, le batterie del Gruppo “Mondovì” e “Val Po” affiancate al “Conegliano”, vengono sottoposte al tiro ravvicinato dei cannoni dei T34. Alcuni pezzi con i loro serventi vengono letteralmente travolti e schiacciati dai cingoli dei carri armati.

La situazione sembra ormai definitivamente compromessa, quando un disperato attacco al grido di “Tutti i vivi all’assalto! Savoiaaa!(4), riesce miracolosamente a fermare i carri e le fanterie russe.

Il Sotto Tenente Egidio Corradi (5) descrive così quei drammatici momenti: “..Volavamo… tutti quanti eroi diciamo. Eravamo pieni di una strana euforia, forse era la paura di poco prima che si sfogava ora in coraggio”.  Anche i soldati feriti e congelati, sdraiati sulle slitte, si mettono a sparare. I feriti nei posti di pronto soccorso afferrano qualunque arma che riescono a trovare: baionette, bombe a mano, bastoni, coltellini e fucili usati come mazze e si gettano nella mischia. “Spaventevoli apparizioni di forsennati che facevano massa contro il nemico avendo lasciato addietro i moribondi e i morti. Piombarono sull’avversario con irruenza furiosa, s’avventarono; impotenti ad altro, si rotolarono nella neve in lotta mortale con i nemici abbrancati li tennero avvinti a sé quando il carro armato passò ad arare la neve e la carne.”

I russi propongono la resa, ma non viene accettata. Anzi, con il sopraggiungere del 2° Reggimento Alpini, il resto della “Cuneense”, i Generali Ricagno e Battisti concordano di procedere a nuovi disperati attacchi per aprirsi la strada.

Alle 08,00  del 20 è l’ultima volta che la radio della “Cuneense” riesce a mettersi in contatto radio con il Comando del Corpo d’Armata. Battisti richiede l’invio dei carri armati tedeschi disponibili per sfondare le linee russe. La richiesta non viene accolta. I pochi carri d’assalto di quel che rimane del XXIV Panzer korps (6) tedesco (che ha proceduto di circa un giorno la “Julia” nella ritirata dal fronte sud) sono già impegnati in aspri combattimenti per aprire la strada alla colonna della “Tridentina” che dal 19 è impegnata in combattimento a Postojalyj. A peggiorare la situazione nelle stesse ore viene attaccata Opyt dove si trovano i comandi del C.A., della Divisione “Tridentina” e del XXIV P.K. e dove, creando ingorghi pazzeschi, stanno ancora confluendo altre unità sbandate ungheresi e tedesche. (7)

Da quel momento non ci saranno più contatti tra le Divisioni “Julia”, “Cuneense” e “Vicenza” con il comando del Corpo d’Armata. Non sapranno mai che la destinazione finale non è più Valujki, ormai caduta in mano dell’Armata Rossa, ma più a nord, la piccola cittadina di Nikolajewka.

Nel frattempo a Nowo Postojalowka continua la carneficina. Nel pomeriggio quel che rimane dei Battaglioni “Borgo San Dalmazzo” e “Saluzzo” riescono a trovare uno varco tra le linee russe sul crinale a nord di Nowo Postojalowka ,  quando vengono improvvisamente colpiti ai fianchi da un violento fuoco di sbarramento e sono costretti a ripiegare lasciando una lunga scia di caduti.  I due Battaglioni sono annientati.

A questo punto ci si deve arrendere all’evidenza dei fatti: non si può passare, non si può lottare contro i carri senza armi opportune; il rischio di accerchiamento è reale, non sapendo la consistenza dell’unità sovietiche che si hanno di fronte e che sembrano aumentare di ora in ora.

Battisti e Ricagno decidono di ripiegare e aggirare Nowo Postojalowka più a nord, perdendo ulteriore tempo, ma del resto l’alternativa è farsi annientare completamente sul posto. La notte dello stesso giorno le varie colonne con i sopravvissuti della “Julia” e della Cuneense” si rimettono in marcia. A guidare la colonna della “Cuneense” vi è il Battaglione “Dronero”, l’unico ancora relativamente “intatto”.

Il Battaglione “Mondovì”, già duramente provato dagli scontri delle ore precedenti,  viene lasciato di retrovia. Subisce durissimi attacchi. Le perdite sono ingenti, anche questo Battaglione praticamente cessa di esistere, immolandosi nel coprire le spalle alle altre unità .

Dopo 20 ore di marcia forzata, soggette alle scorrerie delle pattuglie sovietiche, alcune colonne raggiungono Postojalvyi, già abbandonata dalla “Tridentina” e dal C.A.A.. Alle 8 di sera sono a Alexandrowka dove c’è ancora un piccolo presidio germanico e dove gli alpini possono riposare qualche ora senza l’assillo degli attacchi russi.

Alla fine di 30 ore di combattimenti tra il 19 e il 20 Gennaio si stima che oltre 13.000 alpini, la maggior parte della “Cuneense”, sono rimasti sulla neve di Nowo Postolajowka.

La “Cuneense”, come Divisione organica, di fatto non esiste più.

Parte dei sopravvissuti al massacro di quei giorni e di quelli a seguire (8) , incluso i comandi delle Divisioni “Julia”, “Cuneense” e della “Vicenza” finiranno la loro corsa all’indietro il 26 e il 28 Gennaio, davanti a Valujki, quando ormai privi di munizioni, sfiniti dalla fame, dal freddo, dal sonno e dalla tensione, in balia degli attacchi dei cosacchi,  non potranno che gettare le armi e arrendersi.

Non saranno molti quelli di queste tre grandi unità che riusciranno ad uscire dalla sacca. Per lo più sono drappelli di uomini di vari reparti, che non raggiungono gli effettivi di una compagnia, sfuggiti alle carneficine dei giorni seguenti Nowo  Postolajowka (9) che in qualche maniera riescono a ricongiungersi con la colonna della “Tridentina” e arrivare davanti a Nikolajewka il 26.

Secondo la relazione del Gen. Nasci del 10 Febbraio 1943 saranno circa 3.300 alpini della “Julia” , appena 1.600 quelli della “Cuneense”. 1.300 i fanti della “Vicenza”.(10)

Altri, sempre pochi, si aggiungeranno nelle settimane successive, tra chi è riuscito ad attraversare in piccoli gruppi le linee russe o chi , come alcune salmerie che al 15 Gennaio si trovavano nelle retrovie e vistesi tagliate fuori hanno percorso altre rotte completamente diverse eludendo i sovietici.

All’inizio di quel tragico Gennaio, la forza della “Cuneense” era di circa 18.500 effettivi…(11)

DIVISIONE ALPINA “CUNEENSE”

Stato Maggiore Divisione

1° Reggimento Alpini (Battaglioni “Ceva”, “Mondovì”, “Pieve di Teco”)

2° Reggimento Alpini (Battaglioni “Borgo San Dalmazzo”, “Saluzzo”, “Dronero”)

4° Reggimento Artiglieria da Montagna (Gruppi “Pinerolo”, “Mondovì”, “Val Po”)

IV Battaglione Misto Genio

Supporti e Servizi

NOTE:

  1. La “Vicenza”, che era partita per la Russia con compiti di controllo del territorio per poi essere spostata sulla linea del fronte, dagli ordini sembrerebbe una unità coesa in realtà non lo è,  è sparsa lungo tutto il fronte, frammentata, divisa sostanzialmente in due. Una parte si concentra a Podgornoe, una a Popowka. 
  2. Operazione “Ostrogožsk-Rossoš'”,  con la 40° Armata a nord che sfonda le linee tenute dagli ungheresi, mentre a sud è la 3a Armata che sbriciola la linea tenuta dai tedeschi del XXIV “Panzer Korps” proiettandosi con un’ala verso Postojalvyi e con una verso Valujki. Seguirà il 24 Gennaio un’ altra offensiva (Operazione “Voronež-Kastornoe”) che provocherà il crollo definitivo delle linee tenute a nord dalle ultime grandi unità del Gruppo Armate B, ovvero la 2ª Armata tedesca e il 3º Corpo ungherese. 
  3. Non c’è il “Pieve di Teco” in quanto da metà Dicembre è stato dislocato in linea con la Divisione “Vicenza” assieme a altri Battaglioni della “Tridentina” per aumentarne la capacità difensiva. Mentre il “Vestone” e il “Morbegno” rientreranno nella “Tridentina”, il “Pieve di Teco” dividerà il destino di quei giorni fino all’epilogo a Valujki. 
  4. Come riportato da Giulio Bedeschi.
  5. Egisto Corradi, già giornalista della “Gazzetta di Parma” e poi del “Corriere della Sera”, all’epoca Sotto Tenente della “Julia” di cui redige, giorno per giorno, il diario storico. Sarà uno dei pochi della “Julia” che riesce ad uscire dall’accerchiamento.
  6. Il “XXIV Panzer Korps” è “panzer” solo sulla carta. E’ costituita da Divisioni già piuttosto malridotte. Alcune di loro erano state ritirate da Stalingrado nei mesi precedenti per riorganizzarsi in un settore più tranquillo. Quando si congiungono con il Corpo D’Armata Alpino a metà Gennaio, sono rimasti 4 (o 6, le cifre non sempre corrispondono) carri d’assalto, qualche artiglieria tra cui qualche lanciarazzi (i nebelwerfer) e poco altro. Mezzi che comunque risulteranno preziosi per appoggiare gli alpini durante la ritirata.
  7. Dal rapporto del Gen. Nasci risulta che impossibilitato dall’inviare i carri di Eibl,che stanno appoggiando gli sforzi della Tridentina per forzare Postojalyj, richiede l’intervento aereo degli Stukas al comando dell’8a Armata. Appello che cade nel vuoto.
  8. La “Julia” si “dissolverà” come unità organica tra il 21 e il 22 a Lessinitschanskie ( 9° Reggimento) e a Nowo Georgiewkj (8° Reggimento)
  9. Tra questi ci sono i sopravvissuti del Battaglione “Aquila” con il Sotto Tenente Prisco. Poco più di 150 uomini che scampati per un soffio dal massacro del kolkoz di Lessinitschanskie riescono ad agganciare la colonna principale.
  10. Dal rapporto del Gen. Nasci si evince chiaramente che al momento in cui lo scrive (10 Febbraio) non conosce esattamente cosa è accaduto alle tre Divisioni. Intuisce però qualcosa dai rapporti dei pochi ufficiali di questi reparti usciti dalla sacca.
  11. Sono numeri stimati, in quanto i ruolini sono andati perduti. Il numero riportato tiene conto anche del Battaglione complementi arrivato a Rossosch proprio il giorno 14 e15 Gennaio. Probabilmente il numero degli effettivi e leggermente più basso, ma non di molto.