Chi non ha mai notato su tanti cappelli una spilla con gli artigli dell’Aquila su campo rosso, o la piccozza su campo verde e immediatamente vi associa il nome del Battaglione  anche se magari non vi ha fatto la “naja” ?….credo pochissimi.

Normalmente l’uniforme dell’ Esercito permette di identificare non solo l’Arma o il Corpo di appartenenza, ma anche la grande unità o il Reggimento. Nelle Truppe Alpine inoltre, la presenza della nappina identifica il Battaglione o la Batteria.

Ma nell’ uniforme delle Truppe Alpine vi è, o vi era, appunto un altro elemento che fornisce ulteriori informazioni e ribadisce l’appartenenza al reparto: il distintivo portato sul taschino sinistro.

Quello che magari invece molti non sanno è che questi distintivi e il loro uso non sono stati mai riconosciuti ufficialmente dallo Stato Maggiore, anzi in alcuni momenti  perfino apertamente osteggiati e vietati, in altri tollerati a fatica . Nell’ Esercito infatti gli unici stemmi  riconosciuti ufficialmente sono quelli araldici (spettanti ai soli reparti con “Bandiera di Guerra”) . Stemmi peraltro in “uso” come distintivi nelle loro versione definitiva, dopo un lunghissimo iter durato decenni, tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90.

I primi distintivi di cui si hanno notizie sono quelli della 32a Batteria del XI Gruppo (il futuro Gruppo Artiglieria “Bergamo”) e della 61a Batteria del IX Gruppo (poi Gruppo  “Oneglia”) coniati nel 1916. Probabilmente chi li ha creati si è ispirato a quelli in uso delle truppe austro-ungarico, portati sulla sinistra del “Feldkappe”, il berretto da campo dell’uniforme.

Nel corso della guerra altri reparti alpini iniziano a dotarsi di propri distintivi, che si differenziano da quelli della controparte austriaca, per essere spesso colorati , con soggetti più fantasiosi e molto più simbolici.

Negli anni successivi al primo conflitto i distintivi prendono un aspetto “commemorativo”, ideati in occasione di qualche raduno di reduci di reparto. In seguito diventa uso regalare i distintivi come ricordo ai militari che si congedano dal reparto in cui hanno prestato servizio.

I primi ad usarli “abusivamente” con una certa continuità sull’ uniforme sono alcuni ufficiali, con la complicità dei loro Comandanti. Siamo negli anni precedenti allo scoppio del secondo conflitto mondiale, e i distintivi vengono appuntati sul cappello, vicino alla nappina.

Dopo la guerra, con la lenta ricostituzione dei reparti Alpini, i Comandanti di quest’ultimi riconiano i vecchi distintivi usati in periodo bellico o ne creano dei nuovi. La loro funzione diventa doppia, non solo identificativo  ma anche di legame “storico” tra i vecchi combattenti e le nuove leve.

La riforma del 1975, che porta da una parte allo scioglimento dei Reggimenti e dall’ altra, alla concessione dello stemma araldico ai singoli Battaglioni (se con ” Bandiera di Guerra”) segna anche l’inizio di un assurda proliferazione di distintivi, non solo nei reparti Alpini ma anche nelle altri reparti dell’ E.I. che spesso creano più confusione che chiarezza.

Questo eccesso provoca l’intervento da parte del Capo di Stato Maggiore, Gen. Capuzzo; fatta eccezione per quelli codificati nel “Regolamento sulla uniforme” come “distintivi storici”, tutti gli altri stemmi non sono accettati e quindi non si possono indossare.

Pertanto, tutti i distintivi delle Truppe Alpine, anche quelli che hanno visto il fango della Grecia, o la neve della Russia, ma che non sono nell’ elenco dei distintivi storici del suddetto regolamento, sono considerati “fuorilegge”.

Sono però pochi i Comandanti delle unità Alpine che si attengono a questa disposizione.

La nuova circolare del 1987 da parte dello Stato Maggiore dispone che tutti quei reparti a cui è stata concessa la Bandiera di Guerra, possono coniare un distintivo di reparto che deve riprodurre fedelmente lo stemma araldico, da portare sulla divisa.

Anche in questo caso, fatta eccezione per alcuni reparti che non hanno alle spalle una lunga storia , in particolare alcuni di quelli “alpinizzati” nel 1976, le Truppe Alpine continuano a sfoggiare sulla propria uniforme i “vecchi” distintivi che ormai sono parte integrante della loro storia e della loro tradizione, incuranti delle disposizione che ne vorrebbe cancellare il loro retaggio.

Questi praticamente rimangono in uso fino all’ ultima riforma. La ristrutturazione del’ Esercito che vede il ritorno della struttura reggimentale ma con solo un Battaglione e qualche compagnia di supporto,   la diminuzione del periodo di leva prima, e la sospensione poi della stessa, comporta lo scioglimento di numerosi reparti. Le “Bandiere di Guerra” vengono riposte nel “Sacrario delle Bandiere” a Roma; i distintivi rimangono sui Cappelli dei congedati, testimonianza per molti di un periodo della propria vita lontano, ma mai dimenticato.

Quanta storia dietro a quei distintivi…

Fonte: “I distintivi delle Truppe Alpine dal 1945 al 1999”, Bruno Erzeg -Graziano Galimberti, Ed. Gribaudo (2008)